HOME PAGE > MEMORIE DAL SOTTOSUOLO > Sacred spirit

Sacred spirit

 

 

 

Io e la bomba. Sullo sfondo, un giardino fiorito. Ende Gut, Alles Gut. Insomma, tutto è bene ciò che finisce bene. Il reperto, inizialmente da me scambiato per una bomba, mentre strisciavo in una situazione vagamente claustrofobica, fu poi estratto con mille precauzioni dalla cavità, benché non fosse una bomba, cioè usando un caschetto rovesciato e foderato di carta igienica a mo' di slitta, spinto dolcemente davanti alle nostre facce. Fino a che ci troviamo, sempre col caschetto e la carta igienica - non ci eravamo fidati a muoverlo dal suo nido - all'Istituto di Archeologia di Perugia e di lì alla Sovrintendenza Archeologica. Il resto è storia. Mesi di lavoro di scavo, perché gli archeologi erano un po' claustrofobici, e i reperti, ora al museo di Spoleto, e l'invito (snobbato) alla presentazione col ministro (tal Gullotti di cui nessuno conserva memoria) e un assegno di lire 147.000 sdegnosamente mai riscosso. Ma non è questo che sono venuto a raccontare.

 

 

 

Insomma, circa 3800 anni fa degli uomini che ci piace pensare molto simili a noi (?) mettono queste olle (vasi) sotto il gocciolio delle stalattiti per celebrare il matrimonio della Terra con il Cielo o così ce lo spiegano gli archeologi.

 

 

 

Ad ogni modo anche gli antenati si saranno lavati i piedi da qualche parte e comunque non lo sapremo mai e l'ipotesi delle nozze è romantica e suggestiva. Insomma ci sfizia. Poi il terremoto del 1000 dà al tutto una bella spiaccicata e così noi ci troviamo, intorno alla seconda metà del '900, a strisciare nelle salette (si chiamerebbe piano di faglia) abbastanza vaste ma irrimediabilmente basse della cavità di xxx; e le salette le abbiamo scoperte noi perché anche se la grotta è ultraconosciuta siamo i più spaventosamente magri. O insomma io me la sono sempre spiegata così. E ora che ho una pancia che sembro l'Ape Maia ho provato a tornarci ma metà dell'area di scavo mi è irrimediabilmente preclusa. E insomma, un sabato dopo l'altro la grotta comincia a diventarci un luogo familiare, in cui far salotto, fumare sigarette, far fuori qualche panino e guardare i grilloragni, specie di bestiole semitrasparenti depigmentate andare su e giù spaventate davanti alle nostre facce. Tanto che parecchi anni dopo mi sembra la cosa più normale del mondo festeggiarci un Capodanno. Non stupisce quindi che, in assenza di meglio da fare, un pomeriggio come un altro io decida di andarci da solo.

E quello che mi stupisce invece... ok andiamo per ordine. Devo aver fatto le solite cose, sminuzzato un tenero pezzo di carburo con pochi colpi di mazza, poi aperto lo spillo dell'acqua e acceso l'acetilene sul casco clock e poi con precauzione per non dar fuoco alla macchia raggiunto in pochi passi l'ingresso e dentro è fresco, che spettacolo e io sono da solo che bel silenzio. E via un giretto panoramico nelle salette, a strisciare sulle ossa che nessuno ci ha ancora detto di che bestia sono, un po' d'impressione ma via, lascio perdere la zona archeologica e vado a fare due passi sul fondo, dove c'è un cunicolino che non è stato ancora esplorato. E insomma, che cosa insulsa, comincio a pensare agli spiriti degli antenati. E mica mi metto a riderci sopra, mica mi dico che non stiamo mica girando un B movie, no no, quasi quasi me la bevo e mi corre un brividino lungo la spina dorsale.

 

 

 

Che proprio in quel momento, proprio mentre quasi mi aspetto di vedere gli occhietti gialli degli antenati nel buio, un topolino, o un pipistrello o che so io dovessero farmi cadere vicino una decina di sassetti misti a terra, non più grandi del pugno di un bambino; che io poi saltassi via come se mi stesse crollando addosso la montagna intera e cadessi sul fianco destro, al buio, rompendomi un polso, sarebbe cosa meritevole di approfondimento come pure l'autentico terrore di non riuscire più a uscire di lì. Ma, per dirla con il buon Melville, che anche lui doveva essersi dimenticato dove voleva andare a parare «ah tempo, forze, denaro e pazienza!». Quanto poi a quella risatina cavernosa che, ripensandoci, ho sempre creduto di aver sentito dietro di me che cerco carponi l'uscita, sotto shock e tenenedomi il polso destro con la mano sinistra. Bè, quella risatina credo proprio di essermela sognata. Non con questo voglio dire che non me la meritassi, no, voglio solo dire che me la sono certamente sognata.

 

(2001)